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Il saluto di Mons. Palumbo alla Diocesi di Isernia-Venafro

A S. E. Mons. Camillo Cibotti, ai Revv. Presbiteri, Diaconi, Religiosi e Religiose, Seminaristi, Associazioni, Movimenti e Gruppi ecclesiali, Autorità e Fedeli laici tutti della Chiesa di Dio che è in Isernia-Venafro, pace e gioia nel Signore Gesù Cristo.

Carissimi,
nel momento in cui viene ufficialmente pubblicata la mia nomina a Vescovo di Trivento, sento anzitutto di doverVi partecipare lo stupore e la profonda commozione, misti a timore e trepidazione, che mi pervadono nell’intimo, al solo considerare quello che il Signore aveva in mente per me e che ora si rende manifesto per la designazione del Sommo Pontefice. Nell’assumere, in obbedienza alla volontà di Dio e della santa Chiesa, quella che Sant’Agostino non esitò a chiamare sàrcina episcopatus, sento però anche il conforto della parola dell’ Apostolo quando, in riferimento all’Ascensione di Gesù al cielo, scriveva agli Efesini: « A ciascuno di noi, tuttavia, è stata data la grazia secondo la misura del dono di Cristo … Ed egli ha dato ad alcuni di essere apostoli, ad altri di essere profeti, ad altri ancora di essere evangelisti, ad altri di essere pastori e maestri, per preparare i fratelli a compiere il ministero, allo scopo di edificare il corpo di Cristo» (Ef. 4,7. 11-12). La presenza e l’azione dello Spirito Santo, primo dono ai credenti e ospite dolce dell’anima, come abbiamo appena cantato nella solenne liturgia della Pentecoste, realizza tutto questo essere Chiesa, e Chiesa locale, e ne manifesta, in ogni tempo, il fulgore incomparabile.

Eletto alla successione apostolica ed inviato alla Cattedra di San Casto, ricevo la gloriosa tradizione cristiana ed ecclesiale dell’ antica Terventum «insigne tra le chiese cattedrali della zona» dalle mani del beneamato e venerato Vescovo Mons. Domenico Angelo Scotti, che affettuosamente saluto. Con lo stesso affetto e stima saluto ora tutti Voi, diletti fratelli del Clero di Isernia-Venafro, i Diaconi, i Religiosi e le Religiose, i Seminaristi, le Associazioni, Movimenti e Gruppi ecclesiali e i Fedeli laici tutti della Diocesi, in particolare i sofferenti nel corpo e nello spirito, e i miei indimenticabili parrocchiani di Roccapipirozzi e della Parrocchia Cattedrale di Isernia. Vi ringrazio per la fraternità, l’amicizia e la stima di cui mi avete onorato in tutti questi anni, come ringrazio e prego per tutti coloro che non sono più qui, ma sono in cielo, dai quali ho ricevuto solo tanto bene, come spero di ricevere ancora per la loro intercessione. Ultimi, in questa schiera già consistente, Mons. Andrea Caroselli, che mi ha battezzato, e Mons. Armando Galardi, mio parroco, nonché padrino di Cresima, recentemente scomparso. Un deferente saluto anche alle Autorità di ogni ordine e grado presenti sul territorio della nostra Diocesi.

L’ultimo vescovo proveniente da Venafro, mia patria, è stato Mons. Giuseppe del Prete, nel 1855, padre conciliare al Vaticano I nel 1870, ausiliare del perseguitato Mons. Gennaro Saladino, vescovo di Isernia e Venafro (1837-1861). Negli anni 1427-1465 Venafro ebbe tra i suoi vescovi Antonio Mancini, altro suo illustre figlio. Per precisione di cronaca devo nominare anche Mons. Gaetano Pizzi (1855-1921), di Miranda, canonico teologo della Cattedrale di Isernia, il quale nel 1908 fu nominato vescovo di Lacedonia e nel 1912 di San Severo. Quando un membro del presbiterio di una diocesi viene assunto all’Episcopato, non sono pochi quelli che, andando oltre quel timore e quella trepidazione che fanno “tremar le vene e i polsi” dell’eletto, parlano di “gioia” e di “onore”. Dovrò allora dire che, se è così, sono contento di averli potuti dare al nostro Vescovo e a tutti Voi, che porterò sempre e dovunque nel mio cuore.

Ma ciò non basta per lenire il dolore del distacco da questa amata Chiesa di Isernia-Venafro, nella quale sono nato e sono stato generato alla fede, che ho cercato di servire negli svariati ambiti che mi sono stati assegnati e con tutte le mie forze, fino a condividerne la sollecitudine del governo pastorale accanto agli amati e venerati Vescovi Salvatore Visco, prima, e Camillo Cibotti, poi, che entrambi saluto, abbraccio e ringrazio per gli insegnamenti offertimi – di cui farò tesoro- e per la somma fiducia riposta in me. Per quanto mi riguarda, so che dovrò presiedere e servire. Preesse ac prodesse, diceva Sant’Agostino ai suoi fedeli di Ippona. Presiedere per servire la causa radiosa e ineguagliabile della maggior gloria di Dio e della salvezza delle anime, continuando il plurisecolare cammino della Chiesa triventina sempre «nuovi nella fedeltà e fedeli nella novità» e ogni giorno con la gioia dell’ «incominciamo adesso».

Per questo mi affido alle Vostre preghiere, come alla intercessione dei Santi Patroni Nicandro, Marciano e Daria, Cosma e Damiano, Pietro Celestino, mentre pongo fin d’ora il mio servizio episcopale sotto la stella della celeste protezione della Beata Vergine Maria. Ipsa propitia pervenis, cantava san Bernardo. Con Lei propizia giungerai alla meta. Mi sia propizia con l’ottenermi sempre la vera Luce del Suo Gesù e coprendomi sotto l’ampio Suo manto. Arrida, quale madre tenerissima, a me, e a ciascuno di Voi, come a quanti ogni giorno incontriamo sul nostro cammino ed ottenga a tutti la speciale benedizione che, Suo tramite, imploro sulla nostra cara Diocesi, affinché cresca sempre più in meriti e in numero.

Isernia, 5 giugno 2017

Claudio Palumbo, vescovo eletto di Trivento