La SPERANZA, è il messaggio centrale del prossimo Giubileo. Tutti sperano. Nel cuore di ogni persona è racchiusa la speranza come desiderio e attesa del bene, pur non sapendo che cosa il domani porterà con sé. Il primo segno di Speranza si traduca in pace per il mondo, che immemore dei drammi del passato ancora una volta si trova immerso nella tragedia della guerra.
Nell’Anno giubilare saremo chiamati ad essere segni tangibili di Speranza per tanti fratelli e sorelle che vivono in condizioni di disagio. Penso ai detenuti che, privi della libertà, sperimentano ogni giorno, oltre alla durezza della reclusione, il vuoto affettivo, le restrizioni imposte e, in non pochi casi, la mancanza di rispetto.
Segni di speranza andranno offerti agli ammalati, che si trovano a casa o in ospedale. Le loro sofferenze possano trovare sollievo nella vicinanza di persone che li visitano e nell’affetto che ricevono.
Di segni di speranza hanno bisogno anche coloro che in sé stessi la rappresentano: i giovani. Essi, purtroppo, vedono spesso crollare i loro sogni. Non possiamo deluderli: sul loro entusiasmo si fonda l’avvenire. Non potranno mancare segni di speranza nei riguardi dei migranti, esuli, profughi e rifugiati che abbandonano la loro terra alla ricerca di una vita migliore per sé stessi e per le loro famiglie.
Segni di speranza meritano gli anziani, che spesso sperimentano solitudine e senso di abbandono. Speranza invoco in modo accorato per i miliardi di poveri, che spesso mancano del necessario per vivere. La testimonianza più convincente di tale speranza ci viene offerta dai martiri che saldi nella fede in Cristo risorto, hanno saputo rinunciare alla vita stessa di quaggiù pur di non tradire il loro Signore.
Abbiamo bisogno di custodire la loro testimonianza per rendere feconda la nostra speranza.
– Papa Francesco

GIUBILEO
“Giubileo” è il nome di un anno particolare: sembra derivare dallo strumento utilizzato per indicarne l’inizio; si tratta dello yobel, il corno di montone, il cui suono annuncia il Giorno dell’Espiazione (Yom Kippur). Questa festa ricorre ogni anno, ma assume un significato particolare quando coincide con l’inizio dell’anno giubilare. Ne ritroviamo una prima idea nella Bibbia: doveva essere convocato ogni 50 anni, poiché era l’anno ‘in più’, da vivere ogni sette settimane di anni (cfr. Lev 25,8-13). Anche se difficile da realizzare, era proposto come l’occasione nella quale ristabilire il corretto rapporto nei confronti di Dio, tra le persone e con la creazione, e comportava la remissione dei debiti, la restituzione dei terreni alienati e il riposo della terra.
Citando il profeta Isaia, il vangelo secondo Luca descrive in questo modo anche la missione di Gesù: «Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l’unzione e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio, a proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; a rimettere in libertà gli oppressi, a proclamare l’anno di grazia del Signore» (Lc 4,18-19; cfr. Is 61,1-2). Queste parole di Gesù sono diventate anche azioni di liberazione e di conversione nella quotidianità dei suoi incontri e delle sue relazioni.
Bonifacio VIII nel 1300 ha indetto il primo Giubileo, chiamato anche “Anno Santo”, perché è un tempo nel quale si sperimenta che la santità di Dio ci trasforma e promuove la santità di vita, rafforza la fede, incoraggia opere di solidarietà e favorisce la fraterna comunione all’interno della Chiesa e nella società. Un momento significativo di rinnovamento spirituale e di impegno nella pratica della fede cristiana, dunque, ma anche di comunione di intenti e condivisione di esperienze che arricchiscono lo spirito e l’anima di chi vi prende parte.