Seconda Domenica di Pasqua, Domenica della Misericordia. Il Papa Giovanni Paolo II, ora santo, dedicò questa domenica conclusiva della Pasqua, alla Misericordia di Dio: l’amore di Dio che supera ogni comprensione umana, ma si diffonde nei nostri cuori sempre che essi si aprano per accoglierlo. Oggi il Papa annuncerà che l’8 dicembre prossimo proclamerà l’anno della Misericordia: un anno in cui scopriremo, contempleremo, gusteremo l’amore del Signore che è padre e madre, come ci rivela la Scrittura.
Inizia oggi l’attesa dello Spirito Santo che ci verrà donato, ancora una volta nella Domenica di Pentecoste. Tempo di attesa e di ringraziamento per i doni di Cristo Risorto e, soprattutto della sua Misericordia. Amore che Gesù è venuto a proclamare e a diffondere su tutte le genti, radunandoci in comunione. Una comunione che si realizzò a pieno nella prima Chiesa in cui tutti i credenti in Cristo risorto costituivano “un cuore solo e un’anima sola” al punto che “nessuno diceva sua proprietà quello che gli apparteneva, ma ogni cosa era fra loro comune”, come raccontano gli Atti degli Apostoli. Con stupore essi avevano ricevuto tale ricchezza d’amore che il cuore umano a stento può contenere.
Quell’Amore che dona pace, dona tutto se stesso, Quell’Amore che non si ferma davanti alla nostra incredulità, anzi la circonda con pazienza e comprensione, nell’attesa che essa si sciolga per lasciare spazio al fuoco della fede. Cristo Risorto vuole che i suoi discepoli facciano “esperienza” della sua risurrezione, così, da diventarne, poi, testimoni. Per due volte si fece presente nel cenacolo ove i discepoli erano rintanati per timore dei giudei. Egli passò attraverso le porte chiuse… e stette in mezzo a loro per calmare i loro cuori tormentati dalla delusione e dalla paura. “Pace a voi” sono le Sue prime parole; è l’annuncio pasquale, che risuona di Terra in Terra fino ad oggi. Non si può essere cristiani e non vivere la pace. Una pace che va trasmessa al mondo intero cominciando da coloro che sono più vicini. La raccomandazione di Gesù poco prima di essere condannato dalla violenza degli uomini è chiara: “Questo è il mio comandamento che vi amiate gli uni gli altri come io vi ho amato” e l’amore si esprime innanzitutto donando la pace.
Parlare di pace in questo tempo in cui la violenza e l’odio sembrano aver preso il sopravvento, appare anacronistico, ma in realtà è più necessario che mai. Ricevere la Pace dal Cristo risorto per trasmetterla a tutti coloro che ne sono privati. Soprattutto in quei Paesi nei quali il cuore umano è stato trasformato dalla rabbia e dal male al punto di perpetrare atrocità che neppure la mente più perversa può concepire. Occorre rompere “il muro dell’indifferenza” trasmettendo quella pace che il Risorto offre a noi per loro. Come? Assumendo le loro paure, le umiliazioni, le violenze diaboliche che li colpiscono senza tregua. Cosa faremmo se fossero nostri fratelli di sangue? Ebbene, sono più che fratelli di sangue, sono fratelli nel sangue di Cristo.
Affidiamo alle ali della preghiera la nostra invocazione di pace per i loro cuori, pace che deriva dalla certezza che Cristo è risorto ed essi pure risorgeranno dopo il terribile martirio; viviamo con loro questi momenti, i loro sguardi, i loro abbracci.
Possiamo fare poco materialmente, ma tanto attraverso l’amore. Essere accanto –seppure mille miglia distanti- con il pensiero e con messaggi d’amore e di solidarietà. Pregare il Padre che ha risuscitato suo Figlio perché doni coraggio ai perseguitati e sopisca l’odio mortale che aggredisce i cuori dei persecutori. Rafforzi la certezza che Dio è con loro, per morire con loro e poi risuscitarli a vita nuova.
Gesù è stato chiaro nel Cenacolo: “Come il Padre ha mandato me, così io mando voi”, ha inviato i discepoli a trasmettere la pace che deriva dalla certezza che Cristo è risorto ed è in mezzo a noi con il suo Spirito. Oggi lo ripete ad ognuno di noi. Su di noi soffia come soffiò su di loro, con lo stesso soffio con cui Dio creò il primo uomo: il soffio dello Spirito Santo che è amore e perdona mentre ci rafforza nella certezza che siamo amati da Colui che ha risuscitato Cristo dai morti. E allora la nostra fede, che è fragile e difficile, sarà capace di testimoniare la verità, come accadde a Tommaso, che prima incredulo, poi proruppe nella grande professione di fede: Mio Signore e mio Dio!
Commento a cura: Prof.ssa Anna Maria del Prete