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Commento alla Parola della III Domenica di Avvento

III Domenica di Avvento,“Gaudete” – Anno B – – 17 dicembre 2017
(Is 61,1-2.10-11; Cant. Lc 1,46-50.53-54; 1 Ts 5,16-24; Gv 1, 6-8.19-28)

Carissimi fedeli, celebriamo oggi la terza domenica d’Avvento, detta anche domenica “Gaudete”, cioè della gioia; tema che caratterizza la liturgia della Parola di oggi. Difatti, nella prima lettura, tratta dal profeta Isaia (61,1-2.10-11), il profeta dice: “Io gioisco pienamente nel Signore” (Is v.10); questa gioia gli è partecipata da Dio stesso perché lo ha inviato a portare il lieto e gioioso annuncio della liberazione di Israele dalla schiavitù babilonese; egli annuncia la pace dopo la guerra; la libertà dopo la prigionia, il ritorno in patria dopo l’esilio! La sua parola profetica è vera ed autentica, perché egli è stato unto, e quindi consacrato dal Signore col suo Santo Spirito per questa particolare missione: “… portare il lieto annunzio ai poveri, fasciare le piaghe dei cuori spezzati, la scarcerazione ai prigionieri…” (v.1); la povertà, la sofferenza, il bisogno sono realtà che preparano gli uomini al messaggio di Dio; chi ha fatto simili dolorose esperienze, è maggiormente in grado di capire e di accogliere la buona novella, il Vangelo. La gioia della salvezza annunciata viene espressa da una duplice metafora: lo sposo e la sposa che si adornano per le nozze (v. 10); e la rigogliosa crescita in una terra fertile (v. 11); in entrambe è presente la dimensione di primizia: come i coniugi aprono la loro vita al futuro e i germogli di una terra feconda annunciano il futuro raccolto, così l’accogliere il Vangelo, il lieto annuncio di salvezza è un inizio da cui nasceranno gioia, pace ed operosa serenità!

Il brano della seconda lettura (1 Ts 5,16-24) è tratto, invece, dalla lettera che San Paolo scrive ai cristiani di Tessalonica; questa è il primo scritto dell’Apostolo (ca. 51 d.C.); in esso egli esprime gli auguri e le raccomandazioni che gli stanno maggiormente a cuore; non è una trattazione sistematica, ma l’espressione di desideri e sentimenti così come gli scaturiscono dal cuore; egli augura alla comunità di vivere nell’armonia, nelle fedeltà e nell’amore verso Dio; ogni credente deve vivere la gioia (v.16), alimentata da una preghiera incessante e da un senso di gratitudine, da manifestare in ogni circostanza della vita; è in questo atteggiamento che il cristiano compie in sé la volontà di Dio! San Paolo esorta i Tessalonicesi a discernere le scelte di vita (vv. 19-22); a non essere prevenuti, ma a lasciarsi guidare ed illuminare dallo Spirito Santo, operante in seno alla comunità cristiana; è necessario, però, essere docili alla sua guida, non “spegnerlo”, ossia non escluderlo dalla propria vita, trascurando i suoi doni. Così, tutto concorre alla santificazione piena dei cristiani in “spirito, anima e corpo” (v. 23): essa, però, non dipende dai nostri meriti, ma dalla bontà di Dio; tale santificazione, inoltre, è progressiva ed è orientata alla venuta del Signore (v. 23).

Il brano evangelico odierno, tratto dal vangelo secondo Giovanni (Gv 1, 6-8.19-28), riporta la testimonianza, resa al Cristo, da Giovanni il Battista, figura tipica del tempo liturgico dell’Avvento. Vi leggiamo: “Venne un uomo mandato da Dio…” (v. 6-8), cioè la testimonianza del Battista è autenticata dalla missione affidatagli direttamente da Dio; egli annuncia il Cristo per suscitare tra i Giudei la fede in Lui (cfr. v. 6). Le autorità religiose di Gerusalemme, preoccupate da eventuali manifestazioni di movimenti messianici o profetici, mandano, pertanto, un’ambasceria al Battezzatore perché dichiari loro chi egli sia (cfr. v. 19); quale carattere egli attribuisca alla propria persona e al proprio ministero. La prima risposta di Giovanni riguarda la sua persona: da una parte, egli afferma, con chiarezza e senza dubbio, di non essere il Messia, né Elia, né il Poreta, respingendo così ogni supposizione avanzata nei suoi riguardi, anche se sostenuta dall’entusiasmo della folla (cfr. vv. 20-21), dall’altra definisce se stesso, dicendo: “Io sono voce di uno che grida nel deserto… ” (v. 23); egli attribuisce a sé la profezia, delineata già secoli prima da Isaia (40,3): come la voce del profeta doveva annunciare e preparare il ritorno degli esiliati babilonesi, così la voce del Battista nel deserto prepara l’avvento del Signore.

La seconda risposta di Giovanni riguarda, invece, il significato del proprio ministero e del battesimo che amministra; il Battista chiarisce la funzione subordinata e preparatoria del suo battesimo in ordine al Cristo (v. 27); il suo battesimo, compiuto nell’acqua, è una preparazione: si eclisserà davanti a quello del Cristo, che avverrà nello Spirito Santo (cfr. v. 33).

Carissimi, testimoniamo il Signore Gesù continuamente nella gioia cristiana, sì da contagiarne il mondo; ognuno di noi possa essere un novello Battista, annunciatore convinto e mediatore del Cristo con la forza battesimale dello Spirito Divino. Buon cammino di santificazione a tutti!