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Venerdì Santo: “Per le sue piaghe siamo stati guariti”

Diversamente da quanto si potrebbe pensare, per la Chiesa la celebrazione del Venerdì Santo è austera ma non è triste. Infatti i paramenti liturgici sono di colore rosso, a motivo della passione e morte di Cristo, come nella domenica delle Palme, quando si commemora il glorioso ingresso di Gesù in Gerusalemme.

L’ora della morte di Gesù, deve essere per ognuno di noi l’ora del suo trionfo: il fondamento della nostra fede è nella croce di Cristo. Per questo la croce di salvezza e di resurrezione è centro, gloria della nostra fede.

Oggi è l’unico giorno dell’anno in cui la comunità cristiana non celebra l’Eucaristia, e l’azione liturgica è dominata dalla croce. Manifestazione luminosa dell’amore divino spinto alla follia, la croce lascia spazio solo al silenzio e alla contemplazione.

E infatti si comincia nel grande e prolungato silenzio; ancora nel più profondo silenzio lasciamo spazio al risuonare della Parola di Dio, che ci parla di questo Servo del Signore che si lascia trafiggere per noi, per la nostra salvezza.

Nella sua morte, Cristo riconsegna lo Spirito al Padre perché lo effonda sugli uomini, come sorgente perenne di vita nuova. La croce diventa così il cuore del mondo, perché da essa si è innalzata al Padre la preghiera di Cristo per la salvezza di tutti.

Per questo, unita al gesto sacerdotale dei suo Signore, la Chiesa eleva la grande preghiera di intercessione: tutto è radunato sotto la croce, perché solo in questo mistero di morte e di risurrezione possono trovare soluzione i problemi e i drammi che coinvolgono la storia della Chiesa e dell’umanità. Preghiamo per la chiesa e per le necessità di tutti gli uomini.

Ancora in silenzio, o in un canto che sgorghi dritto dal silenzio profondo del cuore, segue poi il gesto dell’adorazione della croce: esso è la risposta al dono immeritato, e “avveramento” della parola profetica: “Volgeranno lo sguardo a colui che hanno trafitto!”. Gesto di fede e di amore, riconoscimento della regalità salvifica di Cristo e della speranza nata dalla croce; gesto di penitenza, ma anche di impegno a vivere nell’obbedienza a Dio e a promuovere con tutte le forze la verità e l’amore.

Infine la Comunione Eucaristica, con il pane consacrato nella liturgia del giovedì santo, ci rende partecipi della morte gloriosa di Cristo e dei suoi frutti: con essa noi stessi diventiamo gli invitati alle “nozze dell’Agnello”, (Ap 19,9) e accogliamo lo Spirito che sgorga dal suo costato.

Per la meditazione personale

Dalle «Catechesi» di san Giovanni Crisostomo, vescovo.
(Catech. 3, 13-19; SC 50, 174-177)

Vuoi conoscere la forza del sangue di Cristo? Richiamiamone la figura, scorrendo le pagine dell’Antico Testamento. «Immolate, dice Mosè, un agnello di un anno e col suo sangue segnate le porte» (Es 12, 1-14). Cosa dici, Mosè? Quando mai il sangue di un agnello ha salvato l’uomo ragionevole? Certamente, sembra rispondere, non perché è sangue, ma perché è immagine del sangue del Signore. Molto più di allora il nemico passerà senza nuocere se vedrà sui battenti non il sangue dell’antico simbolo, ma quello della nuova realtà, vivo e splendente sulle labbra dei fedeli, sulla porta del tempio di Cristo. Se vuoi comprendere ancor più profondamente la forza di questo sangue, considera da dove cominciò a scorrere e da quale sorgente scaturì. Fu versato sulla croce e sgorgò dal costato del Signore. A Gesù morto e ancora appeso alla croce, racconta il vangelo, s’avvicinò un soldato che gli aprì con un colpo di lancia il costato: ne uscì acqua e sangue. L’una simbolo del Battesimo, l’altro dell’Eucaristia. Il soldato aprì il costato: dischiuse il tempio sacro, dove ho scoperto un tesoro e dove ho la gioia di trovare splendide ricchezze. La stessa cosa accade per l’Agnello: i Giudei sgozzarono la vittima ed io godo la salvezza, frutto di quel sacrificio. E uscì dal fianco sangue ed acqua (cfr. Gv 19, 34). Carissimo, non passare troppo facilmente sopra a questo mistero. Ho ancora un altro significato mistico da spiegarti. Ho detto che quell’acqua e quel sangue sono simbolo del battesimo e dell’Eucaristia. Ora la Chiesa è nata da questi due sacramenti, da questo bagno di rigenerazione e di rinnovamento nello Spirito santo per mezzo del Battesimo e dell’Eucaristia. E i simboli del Battesimo e dell’Eucaristia sono usciti dal costato. Quindi è dal suo costato che Cristo ha formato la Chiesa, come dal costato di Adamo fu formata Eva. Per questo Mosè, parlando del primo uomo, usa l’espressione: «ossa delle mie ossa, carne dalla mia carne» (Gn 2, 23), per indicarci il costato del Signore. Similmente come Dio formò la donna dal fianco di Adamo, così Cristo ci ha donato l’acqua e il sangue dal suo costato per formare la Chiesa. E come il fianco di Adamo fu toccato da Dio durante il sonno, così Cristo ci ha dato il sangue e l’acqua durante il sonno della sua morte. Vedete in che modo Cristo unì a sé la sua Sposa, vedete con quale cibo ci nutre. Per il suo sangue nasciamo, con il suo sangue alimentiamo la nostra vita. Come la donna nutre il figlio col proprio latte, così il Cristo nutre costantemente col suo sangue coloro che ha rigenerato. 
(testo tratto da: Liturgia delle Ore secondo il Rito Romano, vol. II)

A cura di: Antonio Battista – Jacopo Incollingo