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Venerdì Santo: “Per le sue piaghe siamo stati guariti”

Diversamente da quanto si potrebbe pensare, per la Chiesa la celebrazione del Venerdì Santo è austera ma non è triste. Infatti, i paramenti liturgici sono di colore rosso come nella domenica delle Palme, quando si commemora il glorioso ingresso di Gesù in Gerusalemme.

L’ora della morte di Gesù, deve essere per ognuno di noi l’ora del suo trionfo: il fondamento della nostra fede è nella croce di Cristo. Per questo la croce di salvezza e di resurrezione è centro, gloria della nostra fede.

Oggi è l’unico giorno dell’anno in cui la comunità cristiana non celebra l’Eucaristia, e l’azione liturgica è dominata dalla croce. Manifestazione luminosa dell’amore divino spinto alla follia, la croce lascia spazio solo al silenzio e alla contemplazione.

E infatti si comincia nel grande e prolungato silenzio; ancora nel più profondo silenzio lasciamo spazio al risuonare della Parola di Dio, che ci parla di questo Servo del Signore che si lascia trafiggere per noi, per la nostra salvezza.

Nella sua morte, Cristo riconsegna lo Spirito al Padre perché lo effonda sugli uomini, come sorgente perenne di vita nuova. La croce diventa così il cuore del mondo, perché da essa si è innalzata al Padre la preghiera di Cristo per la salvezza di tutti.

Il Vescovo, nella riflessione che ha fatto seguito alla proclamazione della Passione del Signore, si è soffermato sulla morte di Gesù, ed in particolare sul significato del momento in cui Gesù morente affida il discepolo Giovanni alla madre e la madre al discepolo Giovanni, e cioè sul nostro essere stati affidati a Maria in quel momento. Inoltre il vescovo ha affermato che Gesù usa come “palcoscenico” del suo amore una croce ed è per noi importante non disgiungere mai la croce dal crocifisso, che sulla croce ha inchiodato tutti i nostri peccati.

Unita al gesto sacerdotale del suo Signore, la Chiesa eleva la grande preghiera di intercessione: tutto è radunato sotto la croce, perché solo in questo mistero di morte e di risurrezione possono trovare soluzione i problemi e i drammi che coinvolgono la storia della Chiesa e dell’umanità. Preghiamo per la chiesa e per le necessità di tutti gli uomini.

Ancora in silenzio, o in un canto che sgorghi dritto dal silenzio profondo del cuore, segue poi il gesto dell’adorazione della croce: esso è la risposta al dono immeritato, e “avveramento” della parola profetica: “Volgeranno lo sguardo a colui che hanno trafitto!”. Gesto di fede e di amore, riconoscimento della regalità salvifica di Cristo e della speranza nata dalla croce; gesto di penitenza, ma anche di impegno a vivere nell’obbedienza a Dio e a promuovere con tutte le forze la verità e l’amore.

Infine la comunione eucaristica, con il pane consacrato nella liturgia del giovedì santo, ci rende partecipi della morte gloriosa di Cristo e dei suoi frutti: con essa noi stessi diventiamo gli invitati alle “nozze dell’Agnello”, (Ap 19,9) e accogliamo lo Spirito che sgorga dal suo costato.

A cura di: Antonio Battista – Jacopo Incollingo