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Le ferite dell’anima a causa della pandemia

Il tempo della pandemia da Covid-19, che stiamo vivendo già da un anno, rivela quanto la nostra natura umana, sebbene intelligente e progredita scientificamente, sia in realtà debole e vulnerabile; tale verità è evidenziata ancor più dall’azione letale di un virus invisibile e subdolo, che ci prostra psicologicamente e spiritualmente, solcando la nostra vita di ferite dolenti, umilianti e profonde; virus che piega e spezza la nostra esistenza!

All’inizio dell’anno scorso 2020, alle prime notizie, date dai mass media sul Coronavirus, sviluppatosi nella città di Wuhan in Cina, ognuno di noi ha continuato, senza troppa preoccupazione, a condurre lo stesso stile di vita fino allora vissuto senza pensare minimamente che tale virus, di lì a qualche settimana, avrebbe raggiunto anche il nostro paese e invaso il mondo intero!

Il virus, pertanto, da epidemia degenerato in pandemia, ha sconvolto la vita sociale ed individuale di ciascuno, mettendo a soqquadro anche la strutture e le pratiche sanitarie e relegando ogni persona nello stretto spazio della propria abitazione; le relazioni interpersonali, a causa dell’isolamento fisico, sono state sostituite da comunicazioni virtuali tramite l’uso degli smartphone, snaturando la natura sociale, propria dell’essere umano! Anche la vita ordinaria della comunità cristiana è stata segnata dalla proibizione della celebrazione eucaristica con il popolo e delle altre liturgie pubbliche! Tante persone hanno perso il lavoro oppure l’hanno visto seriamente compromesso, tante sono quelle colpite dal lutto a causa del virus; altre, contagiate, sono sopravvissute al virus, ma segnate psicologicamente da quell’angosciante esperienza; la quarantena, certo, è stata una misura importante per arginare il contagio, ma ha creato nelle persone anche un disagio psicologico: ansia, fobie, depressione, ostilità aggressiva, dipendenza dai social network; tante persone e famiglie vivono così un tempo di incertezza a causa dei problemi, derivati dall’attuale situazione di precarietà!

E’ il tempo in cui bisogna recuperare l’attenzione sulla dignità della persona umana sia da parte dei singoli e delle comunità locali, sia da parte delle istituzioni nazionali e mondiali! Al di là di ogni interesse economico di parte, occorre ricercare il bene comune; fare scelte preferenziali per i più indifesi e per i più poveri; tener sempre presente i principi della solidarietà e della sussidiarietà; rispettare l’ecosistema per non alterarne la natura, altrimenti risulterebbe nocivo all’uomo stesso, che crede di esserne il padrone assoluto!    

Il rispetto di questi principi sarà garanzia di crescita della società umana e di riscatto da situazioni estreme quale l’attuale crisi pandemica!

In tale difficile situazione, il cristiano non può che alzare lo sguardo al Cielo; invocare il conforto e la misericordia divina e riponendo ogni speranza in Gesù Cristo, nostro Redentore e Salvatore; Egli ci dice:   “non si turbato il vostro cuore, abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me” (Gv 14,1)

Col santo Vangelo, il Signore ci fa dono delle virtù della fede, della speranza e della carità; possiamo considerare che il tempo storico presente sia quello proprio della virtù della speranza: è come se la speranza prendesse per mano la fede e la carità e le conducesse con passi lenti, ma in avanti, verso l’alba di un nuovo giorno radioso; essa, unitamente alle altre due virtù teologali, può guarire le nostre infermità psico-fisiche, spirituali e sociali; e, quale unguento terapeutico, può rimarginare le nostre ferite pandemiche; tali virtù sono la forza per guardare oltre l’orizzonte attuale, offuscato dalla prova e dall’incertezza.

Leggiamo ancora nel Vangelo come Gesù passi per sanare e guarire ogni sorta di malattia fisica e spirituale; ancor più Egli guarisce la persona nella sua interezza, non solo fisicamente, ma soprattutto le conferisce nuovamente la sua propria dignità umana e sociale; la libera dal suo isolamento fisico, in cui l”infermità” l’ha relegata, e la riconduce alla comunità dei fratelli! Il Signore Gesù passa per sanarci, apriamogli il cuore nella fede ed Egli ci farà rinascere a vita nuova!

Inoltre, San Paolo, nella seconda lettera ai Corinzi, rivela che il Signore “ci consola in ogni nostra tribolazione perché possiamo anche noi consolare quelli che si trovano in qualsiasi genere di afflizione con la consolazione con cui siamo consolati noi stessi da Dio(2 Cor 1,4). Pertanto, noi cristiani, come discepoli di Gesù, medico delle anime e dei corpi, guariti da Lui, siamo chiamati ad essere, a nostra volta, guaritori e consolatori dei fratelli e continuare così, nel suo Nome, la sua opera di salvezza; saremo guaritori del nostro prossimo nel senso fisico come il buon samaritano, nel senso sociale come fratelli, figli dell’unico Padre Celeste, nel senso spirituale come cristiani credenti e fervorosi testimoni della grazia divina!

Buon Samaritano

In questo tempo liturgico pasquale, che stiamo celebrando, leggiamo dai Sacri Testi come la sera di Pasqua e nell’Ottava, Gesù Risorto appaia agli apostoli e ai discepoli, chiusi nel cenacolo, per paura della persecuzione (cfr Gv 20,19-31)! Anche gli apostoli, come noi oggi, sono stati costretti a stare chiusi, isolati, bloccati, in lockdown! Le porte chiuse, però, non sono state un ostacolo per Gesù Risorto, che si è reso presente in mezzo a loro per consolare il loro dolore, per confermare la loro fede e per riaccendere in loro la speranza di un nuovo inizio, per una nuova vita! Non c’è chiusura fisica che tenga all’azione consolante della grazia di Dio! Apriamo, dunque, il nostro cuore al Signore Gesù, che vuole venire in mezzo a noi; che vuole stare con noi; egli vuole farsi nostro compagno di viaggio per sostenerci lungo il cammino della vita, come già è stato per i discepoli di Emmaus, che, dopo l’incontro con Lui risuscitato, hanno esclamato: “non ci ardeva forse il cuore nel petto mentre conversava con noi lungo il cammino…!”(Lc 24,32). La presenza di Gesù ci rassicura e la sua Parola ci illumina e ci infervora a riprendere con rinnovato slancio il nostro impegno quotidiano per il nostro bene e per il bene di tutta la comunità cristiana!  

Nel racconto giovanneo suddetto, in cui si parla dell’apparizione del Risorto agli apostoli, riuniti nel cenacolo, vi è, inoltre, un particolare da non trascurare, ossia Gesù, sebbene trasfigurato nel suo corpo resuscitato, continua a portare i segni della passione (cfr Gv 20,20.25.27); viene spontaneo pensare che ormai i segni delle piaghe in quel corpo glorioso non hanno più senso! In realtà, suscitando in noi questa constatazione, il Signore vuole rivelarci un’altra verità, ossia quei segni di sofferenza sono rimasti evidenti perché sono i segni dell’amore divino verso l’umanità; segni di un amore autentico, perché sofferto; segni di un amore condiviso con noi e per noi; quelle ferite del Risorto, dunque, diventano per noi feritoie d’amore; di un amore redentivo, che, attraverso di esse, si riversa gratuitamente su ogni credente!

Le ferite, pertanto, che oggi si imprimono o restano impresse nella nostra umanità, piagata dal Coronavirus, sono state prefigurate da quelle del Signore e da esse debbono trarre significato e consolazione! La sofferenza non è fine a sé stessa, ma, accettata e offerta a Dio con la forza della fede e dell’amore gratuito, diventa mezzo di purificazione, di riscatto, di vita nuova e di salvezza eterna!

Cari fratelli e sorelle, “se Dio è con noi, chi sarà contro di noi? Egli che non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha dato per tutti noi, come non ci donerà ogni cosa insieme con lui? (Rm 8,31-32); nulla può farci paura; insieme saremo testimoni e costruttori di una nuova svolta storica; il Signore ci chiama ad essere persone e comunità in cui maturi una coscienza più profonda e più vera di ciò che è essenziale per la vita; alziamo lo sguardo verso il Cielo con serenità di cuore e mente; continuiamo il nostro cammino di vita, sicuri che dopo la prova presente, tutto sarà ricapitolato nella consolazione per una rigenerata esistenza!

Isernia,11 aprile 2021 – Ottava di Pasqua

Don Remo Staffieri, canonico parroco della Cattedrale di Isernia