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Giovedì Santo – Cristo sacerdote istituisce il sacramento dell’amore

Con la Messa celebrata nelle ore vespertine del Giovedì santo, la Chiesa dà inizio al Triduo Pasquale e ha cura di far memoria di quell’ultima cena in cui il Signore Gesù, nella notte in cui veniva tradito, amando sino alla fine i suoi che erano nel mondo, offrì a Dio Padre il suo corpo e sangue sotto le specie del pane e del vino e li diede agli apostoli in nutrimento e comandò loro e ai loro successori nel sacerdozio di farne l’offerta. L’istituzione dell’Eucaristia come rito memoriale della «nuova ed eterna alleanza» è certamente l’aspetto più evidente della celebrazione odierna, ma la Chiesa ci invita a meditare su altri due aspetti del mistero di questo giorno: l’istituzione del sacerdozio ministeriale e il servizio fraterno della carità. Sacerdozio e carità sono, in effetti, strettamente collegati con il sacramento dell’Eucaristia, in quanto creano la comunione fraterna e indicano nel dono di sé e nel servizio il cammino della Chiesa.

Al mattino del Giovedì Santo, infatti, tutta la comunità diocesana si raduna in Cattedrale, attorno al Vescovo per fare memoria dell’istituzione del sacramento del sacerdozio ministeriale con la celebrazione della Messa del Crisma, durante la quale i presbiteri rinnovano le promesse fatte il giorno della loro ordinazione e il Vescovo benedice l’olio degli infermi, l’olio dei catecumeni e consacra il Crisma, l’olio misto a profumo utilizzato per i sacramenti del Battesimo, della Cresima e dell’Ordine e da cui la celebrazione trae il nome.
La Messa Crismale è la manifestazione della comunione dei presbiteri con il proprio vescovo nell’unico e medesimo sacerdozio e ministero di Cristo.

Il Giovedì santo, con il suo richiamo  all’evento dell’ultima cena, pone al centro della liturgia il segno dell’amore gratuito, totale e definitivo: Gesù è l’Agnello pasquale che porta a compimento il progetto di liberazione del popolo di Israele; il suo donrsi nella morte è l’inizio di una presenza nuova come preghiamo nel prefazio “Il suo corpo per noi immolato è nostro cibo e ci dà forza, il suo sangue per noi versato è la bevanda che ci redime da ogni colpa”. Partecipare consapevolmente all’Eucaristia, memoriale del Sacrificio di Gesù, implica avere per la Chiesa, corpo di Cristo quel rispetto che si porta al suo corpo eucaristico.

Gesù lava i piedi ai suoi e lascia, come suo testamento, di fare altrettanto tra i fratelli. Non comanda di ripetere un rito, ma di fare come Lui, cioè di rifare in ogni tempo e in ogni comunità gesti di servizio vicendevole attraverso i quali sia reso presente e concreto l’amore di Cristo per noi.

La celebrazione della messa in “Coena Domini” si conclude con la reposizione solenne dell’Eucaristia presso un altare adornato con fiori e candele dove verrà adorata durante tutta la notte. Gesù non viene riposto nel sepolcro ma viene adorato affinché possiamo gustare la Sua presenza e trarre forza dalla grazia che promana da Lui.

Per la meditazione personale

Dall’«Omelia sulla Pasqua» di Melitone di Sardi, vescovo
(Capp. 65-67; SC 123, 95-101)

Molte cose sono state predette dai profeti riguardanti il mistero della Pasqua, che è Cristo, «al quale sia gloria nei secoli dei secoli. Amen» (Gal 1, 5 ecc.).  Egli scese dai cieli sulla terra per l’umanità sofferente; si rivestì della nostra umanità nel grembo della Vergine e nacque come uomo. Prese su di sé le sofferenze dell’uomo sofferente attraverso il corpo soggetto alla sofferenza, e distrusse le passioni della carne. Con lo Spirito immortale distrusse la morte omicida. Egli infatti fu condotto e ucciso dai suoi carnefici come un agnello, ci liberò dal modo di vivere del mondo come dall’Egitto, e ci salvò dalla schiavitù del demonio come dalla mano del Faraone. Contrassegnò le nostre anime con il proprio Spirito e le membra del nostro corpo con il suo sangue.  Egli è colui che coprì di confusione la morte e gettò nel pianto il diavolo, come Mosè il faraone. Egli è colui che percosse l’iniquità e l’ingiustizia, come Mosè condannò alla sterilità l’Egitto. Egli è colui che ci trasse dalla schiavitù alla libertà, dalle tenebre alla luce, dalla morte alla vita, dalla tirannia al regno eterno. Ha fatto di noi un sacerdozio nuovo e un popolo eletto per sempre. Egli è la Pasqua della nostra salvezza. Egli è colui che prese su di sé le sofferenze di tutti. Egli è colui che fu ucciso in Abele, e in Isacco fu legato ai piedi. Andò pellegrinando in Giacobbe, e in Giuseppe fu venduto. Fu esposto sulle acque in Mosè, e nell’agnello fu sgozzato. Fu perseguitato in Davide e nei profeti fu disonorato. Egli è colui che si incarnò nel seno della Vergine, fu appeso alla croce, fu sepolto nella terra e, risorgendo dai morti, salì alle altezze dei cieli. Egli è l’agnello che non apre bocca, egli è l’agnello ucciso, egli è nato da Maria, agnello senza macchia. Egli fu preso dal gregge, condotto all’uccisione, immolato verso sera, sepolto nella notte. Sulla croce non gli fu spezzato osso e sotto terra non fu soggetto alla decomposizione. Egli risuscitò dai morti e fece risorgere l’umanità dal profondo del sepolcro.
(testo tratto da: Liturgia delle Ore secondo il Rito Romano, vol. II)

A cura di: Antonio Battista – Jacopo Incollingo